In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei.
Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Il Vangelo di Matteo è rivolto a una comunità di ebrei che riconoscono in Gesù il Messia annunciato dalle Scritture. Non rinnegano la loro appartenenza al popolo eletto, al quale Dio ha donato la
«Legge e i profeti», ovvero la Torah, da cui derivano i 613 precetti che ogni buon ebreo deve osservare. Gesù stesso, nel grande discorso della Montagna, al capitolo 5 dice che non è «venuto ad
abolire la Legge o i Profeti... ma a dare pieno compimento». E al capitolo 22, ai farisei che gli chiedono quale sia il comandamento più grande, Gesù risponde citando la Torah, attingendo alla
tradizione rabbinica. Gesù non parla “contro” gli scribi e i farisei, anzi ne riconosce il ruolo quando dice che siedono «sulla cattedra di Mosé» e, infatti, invita “la folla e i suoi discepoli»
a praticare e osservare “tutto” ciò che dicono, ma non a seguire il loro esempio, perché, quando sfruttano la loro posizione per esercitare un dominio, per godere di privilegi e di onori mondani,
tradiscono il volere di Dio. Gesù si rivolge ai suoi discepoli: «Ma voi non fatevi chiamare Rabbì...».
Ammonisce anche noi, qui, oggi, teologi e pastori, consacrati e laici, uomini e donne! «Uno solo» è il nostro Maestro, e siamo «tutti fratelli», anche chi insegna e chi guida la comunità. San
Paolo, per dire del legame tra la Chiesa e Cristo, usa l’immagine del corpo in cui tutte le membra sono necessarie l’una all’altra.
Gesù non è venuto per aggiungere pesi sulle spalle della gente, ma per mostrare il volto misericordioso di Dio: Dio è Padre, Dio è amore! Il brano si chiude con una finestra aperta su come
dovremmo essere, se a ispirare le nostre parole e le nostre azioni fosse l’amore misericordioso con il quale «Dio ci ha amati per primo». Noi siamo servitori in ogni situazione viviamo: nella
chiesa e nella scuola, nel lavoro e nel tempo libero. Diamo il nostro piccolo contributo per lasciare questo mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato.
Osservo e sottolineo gli elementi le parole che mi appaiono più dense di significato, i personaggi, i movimenti, i luoghi, i titoli dati a Gesù… Ne colgo il significato o le difficoltà per noi.
dicono e non fanno
uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli
chi si umilia sarà esaltato
superbia, altezzosità contro umiltà…l’atteggiamento di umiltà che ci richiama Gesù, che lui stesso incarna nella sua vita, è sempre una forte provocazione!
Riprendo il testo e cerco di cogliere quale parola il Signore dice a me, al mio cammino di fede, al cammino della Chiesa oggi.
Il brano del Vangelo di quest’oggi, così come la prima lettura, mi interrogano profondamente, interrogano la mia vita da cristiana “impegnata”… cosa muove il mio impegno? Che cosa cerco? È sempre forte e alla porta il rischio della ricerca dell’approvazione degli uomini più che di ciò che veramente conta, cioè la relazione con Dio che mi ama prima di ogni cosa. È solo l’amore che può generare un servizio umile, quell’amore che, come ci dice l’evangelista Paolo, ci rende cari i nostri fratelli, fino al punto da sentire il desiderio di donare loro la nostra stessa vita, insieme al Vangelo.
mirko (giovedì, 09 novembre 2017 14:42)
non cè bisogno di tante parole........chi è senza peccato scagli la prima pietra........nel poco e nel tanto.....certo è che bisogna cercare di essere coerenti per avere la vita eterna
fabio (giovedì, 02 novembre 2017 13:32)
troppo gratificante agire dietro lauta compensa, talmente facile da imporre al mio ego di poter scegliere il mio prossimo....
Comincio a rispondere alla Parola che il Signore mi ha rivolto.
Signore, riempi i nostri cuori del tuo Santo Spirito,
perché spenga in noi ogni orgoglio e ogni superiorità
e il nostro stare insieme profumi di fraternità e d’amore.
Fa che la nostra vita, il nostro servizio, il nostro impegno nella Chiesa
nascano e crescano nella continua relazione con Te
che sei Amore e che ci chiami all’amore.
mirko (giovedì, 09 novembre 2017 14:42)
mandaci signore il tuo Santo Spirito
fabio (giovedì, 02 novembre 2017 13:32)
Signore ti ringrazio per averci donato il vescovo Gualtiero e con l'aiuto del tuo Santo Spirito intendo far miei almeno i primi due paragrafi del suo decalogo : “considerare gli altri superiori a se
stessi” e, ugualmente, “gareggiare nello stimarsi a vicenda”; “saper nutrire un po’ di diffidenza verso il proprio giudizio”; amen
l'eterno riposo dono Signore a tutti i defunti un po' dimenticati e bisognosi di preghiera. dono a loro la Luce e la Gioia eterna. amen
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mirko (giovedì, 09 novembre 2017 12:54)
Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono
fabio (giovedì, 02 novembre 2017 13:32)
non fatevi chiamare guide....il Cristo è l'unica vostra guida